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Nel 1893 Egidio Bellorini, insegnante di lettere nel ginnasio di Nuoro, pubblicava il libro "Canti popolari amorosi raccolti a Nuoro", dedicando il volume "alla terra ospitale di Sardegna … pegno di memore affetto". Lo studio di Bellorini, pubblicato dallo stabilimento dei fratelli Cattaneo di Bergamo, venne edito in sole 200 esemplari e, nella versione originale, è consultabile solo in biblioteche specializzate; io mi sono avvalso della ristampata anastatica realizzata nel 1976 dall’editore Forni di Bologna che, attualmente, è di più facile reperibilità.
Bellorini era giunto a Nuoro nel 1889 e da subito, come scrisse Pietro Mastino nel 1968, era "desideroso di conoscere l’anima della nuova gente in mezzo alla quale doveva soggiornare". Spinto da questa molla Bellorini inizia un lavoro di raccolta e studio che svolge dal 1889 al 1892. Tale lavoro, una vera e propria ricerca sul campo, da un lato mira allo studio della lingua e della pronuncia del sardo mentre, dall’altro lato, punta allo studio della tradizione popolare più genuina. Bellorini si sofferma in particolare sugli aspetti legati al canto: analizza le varie forme e esprime giudizi, che talvolta fanno sorridere, sul canto a tenore definito cantilena con rumoroso accompagnamento … un canto stranissimo e, a dir la verità, non molto piacevole per chi non è avvezzo a sentirlo.
La ricerca di Bellorini, comunque, per quell’epoca, rappresenta un fatto eccezionale in quanto i pochi studi sulla poesia sarda sino ad allora apparsi, tranne poche eccezioni (tra cui una giovanissima Grazia Deledda), avevano riguardato esclusivamente la poesia colta e la poesia religiosa. Bellorini, invece, con spirito da vero "esploratore/ricercatore" trascrive i canti ascoltati dalla viva voce del popolo nuorese e raccoglie i canti del circondario affidandosi ad una rete di corrispondenti dai vari paesi. Raccoglie così oltre 700 strofe, che classifica come mutos, soffermandosi in particolar modo sui canti amorosi. I mutos sono canti monostrofici caratterizzati da una quartina iniziale, s’isterria, completamente slegata dalla seconda quartina di chiusura, sa torrada. E mentre s’isterria funge da introduzione ed è caratterizzata da poetici richiami all’ambiente, a luoghi precisi, a personaggi storici o mitologici, sa torrada contiene la risposta che può riguardare la persona amata, parole di augurio, di speranza o anche di maledizione.
La raccolta di Bellorini è particolarmente interessante in quanto, tra gli altri, vi sono trascritti alcuni canti raccolti ad Orani. Queste strofe non sono tante ed è lo stesso Bellorini a spiegare che i mutos sono una particolarità nuorese mentre "..in alcuni villaggi del circondario, per esempio a Mamojada e ad Orani, è diffusissima la battorina … tanto che vi si trovano persino dei mutos evidentemente storpiati per ridurli alla forma di battorina." Bellorini aggiunge anche che, a Nuoro, l’uso di cantare i mutos e particolarmente diffuso tra le donne, mentre la battorina è quasi esclusivamente maschile; questo spiega perché tra le battorine "è più facile trovarne di oscene", anche se questo "…vale per Nuoro, non pei paesi come Mamojada ed Orani, dove la battorina è forzatamente anche un canto femminile".
Nella citazione delle fonti, Bellorini dichiara che i canti Oranesi "la massima parte li raccolse e scrisse per me ad Orani sua patria, il sig. Bachisio Mureddu. Alcuni pochi me li recitò una ragazza di Orani servente in Nuoro." Tra questi canti alcuni sono classificati da Bellorini come "canthoneddas o, come si direbbe ad Orani, cathones de fochile".
Trascrivo questi pochi versi oranesi mantenendo invariata la grafia di Bellorini, per quanto attiene il testo, sia in sardo che nella traduzione in italiano. Riporto anche alcune strofe che, se pur non raccolte ad Orani, sono in qualche modo legate al paese in quanto hanno un’isterria dove è citato il monte Gonare.
Nove canti, battorinas e cathones raccolte a Orani nel 1890 da Bachisio Mureddu
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1 |
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In d’una amada funtana
B’àt un’ambidda sola.
Su faeddu mi sana,
su risu mi cossola. |
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In un'amata fontana
Vi ha un'anguilla sola.
La parola mi risana,
Il riso mi consola. |
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2 |
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Ite presunzione vana
Chi in sa conca mi ligh'eo;
Sa chi mi dana non leo,
sa chi chergio non mi dana.
Ite presunzione vana |
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Che presunzione vana
che nella testa mi lego io;
quella che mi danno non prendo,
Quella che voglio non mi danno.
Che presunzione vana |
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3 |
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Tic, tac, puzonedda,
Beni a tti ghettare granu.
No sso alligru né ssanu,
Si nom bio a Rremundedda.
Tic, tac, puzonedda |
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Tic, tac, uccellino,
Vieni che ti getto grano.
non sono allegro né sano,
Se non vedo Raimondina.
Tic, tac, uccellino |
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4 |
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Cojuvada ti ses, anghela mia,
Chin d'unu pizzinneddu de ottanta,
Si no li pones punteddos e antas,
No lu ciompes mancu a sa cresia.
Cojuvada ti ses, anghela mia |
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Ti sei maritata, angela mia,
con un giovanotto di ottanta (anni)
Se non gli poni puntelli e sostegni,
Non lo porti neppure alla chiesa.
Ti sei maritata, angela mia. |
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5 |
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Comare, non bor deche ssu cappuzzu
Né a mmaridu bostru su sumbreri
Ca lu cheriabazes cavalleri
Nom bo llu dana mancu coimuzzu.
Comare, non bor deche ssu cappuzzu |
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Comare non vi conviene il cappuccio
Né a vostro marito il cappello;
Perché lo volevate cavaliere
Non ve lo danno neppure colla coda mozza.
Comare non vi conviene il cappuccio |
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6 |
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Intende, corrudu, intende
Contor de muzere tua;
A ssu maridu si cua(ta)
A ssos segnores si rènde(te)
Intende, corrudu, intende |
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Intendi, cornuto, intendi
Novità di tua moglie;
Al marito si nasconde,
Ai signori si dà.
Intendi, cornuto, intendi |
Bellorini annota che questa strofa gli venne recitata a Nuoro da una ragazza di Orani |
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7 |
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Tittia, cant'appo frittu!
No mi posso cajentare.
Cuddos ch'andan a ammorare
Astrintos che cannavittu.
Tittia, cant'appo frittu! |
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Ahi! Quanto ho freddo!
Non mi posso riscaldare.
(Si riscaldano) quelli che vanno a fare all'amore,
Stretti come (una) funicella.
Ahi! Quanto ho freddo! |
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8 |
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A Ggonare so arzadu,
A Ggonare groriosu;
Cando fippo i ssu reposu
m'ana muttidu a bballare.
Duar zovaneddar bellas
Non mi l'as an cherfiar dare;
Las an dadas a unu bellu
Garrigadu 'e muscadellu,
Garrigadu 'e marmasia;
Una mela coloria,
Unu pessiche pintadu.
A Ggonare so arzadu |
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Sono salito a Gonari,
a Gonari glorioso;
quando ero nel (luogo di) riposo
M'hanno chiamato a ballare.
Due giovanette belle
non me le hanno volute dare;
le hanno date a un bello
caricato di moscatello,
caricato di malvasia;
una mela colorita,
Una pesca dipinta.
a Gonari sono salito. |
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9 |
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Mama mia bella, iscies una cosa?
Chi mi so fatta isposa
Chin d'unu zabatteri;
Pèdes de tazeri,
Oriccias de salera,
Occios de pipenera,
E nnasu de patatta, *
E bbucca puccinosa.
Mama mia bella, iscies una cosa. |
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Mamma mia bella, sapete una cosa?
Che mi son fatta sposa
Con un ciabattino;
Piedi di tagliere,
Orecchie di saliera,
Occhi di pepe nero (?)
E naso di patata,
E bocca puzzolente.
Mamma mia bella, sapete una cosa? |
* - Per questa cathone Bellorini fa notare che deve mancare un verso che rimi con patatta |
Cinque canti dove è citato il monte Gonare
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1 |
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In Gonare, i ssa festa,
M'appo mort'una gattu
I mmesu 'e sso rruos.
In Gonare, i ssa festa,
Ojor mios e ttuos
S'ana fattu rechesta. |
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In Gonari, nella festa,
m'ho ucciso un gatto
in mezzo dei rovi.
In Gonari, nella festa.
Occhi miei e tuoi
Si son fatti domanda. |
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2 |
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Sa rein' 'e Gonare
L'adoro chi ffervore,
Ch'èr galan'e ddechida.
Sa rein' 'e Gonare.
Cando bido a ffiore,
Mi sana ssar feridas,
Mi sana dd'onzi male. |
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La regina di Gonari
L'adoro con fervore,
Perché è gentile e bella.
La regina di Gonari.
Quando vedo fiore,
mi risana le ferite,
mi risana d'ogni male. |
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3 |
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I ssa fest' in Gonare
Mi lè' una pandera
E la recram' in oro.
I ssa fest' in Gonare.
Un'abbrazzu de coro
M'imbia in sa littera,
Ch'es pro mi cossolare. |
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Nella festa in Gonari
Mi compro una bandiera
E la ricamo in oro.
Nella festa in Gonari.
Un abbraccio di cuore
Inviami nella lettera,
che è per consolarmi. |
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4 |
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Sa rein' 'e Gonare
L'adoro d'onzi die,
Bella èr fin'a ppese.
Sa rein' 'e Gonare.
Bellu, che ne ti bies
In tottu so trer meses;
Comente app'a istare ? |
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La regina di Gonari
L'adoro ogni giorno,
E' bella fino a(i) piedi.
La regina di Gonari.
Bello, senza vederti
In tutto son (da ) tre mesi;
come starò ? |
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5 |
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I ssa fest' in Gonare
Lead'appo belludu.
I ssa fest' in Gonare.
Chi lu timo, mamea,
S'aranzolu brancudu,
Solu pro l'abbaidare. |
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Nella festa in Gonari
Ho comperato (del) velluto.
Nella festa in Gonari.
Come lo temo, mamma mia!
Il ragno con le branche,
Solo a guardarlo |
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