In Sardegna, ancora oggi, permane il culto e la venerazione di santi tipici della tradizione greco-ortodossa. Questo perché la chiesa di Bisanzio ha dominato l'isola per oltre sei secoli lasciando una profonda impronta.
Anche ad Orani abbiamo tracce estremamente significative di questi culti. Così se di Santu Nicolau è rimasto solo il toponimo legato ad una località di campagna, Sant' Elias è un santuario campestre legato alla tradizione bizantina molto venerato dagli oranesi che, ancora oggi come negli anni passati, accorrono numerosi con cortei di cavalieri bardati a festa, guidati dal priore che porta lo stendardo del santo.
Ad Orani, però, la più importante testimonianza della chiesa di Bisanzio è costituita dalla chiesa della Madonna de sa Itria. Quello della Madonna d'Itria è un culto diffuso in tutta la Sardegna.
Come si è detto risale alla chiesa bizantina e trae origine dalla venerazione di un quadro attribuito a San Luca che, donato da Papa Silvestro a Costantino, fu trasferito a Costantinopoli dove, per accoglierlo, l'imperatrice Eudossia fece costruire una chiesa dedicata alla Madonna Odighetria, che significa "via della luce".
Nel nuorese la più importante e tipica manifestazione per la Madonna d'Itria è quella di fine luglio a Gavoi; la festa segue i canoni tradizionali delle feste campestri sarde: religiose novene con tanto di soggiorno nelle cumbessias del santuario e meno religiosi pranzi, a base di arrosti canti e libagioni, oltre alle immancabili gare di abilità a cavallo.
Sa Itria a Orani si festeggiava l'ultima domenica di Agosto con le funzioni religiose e con manifestazioni di tipo sportivo. Particolarmente attesa era la gara podistica che vedeva i giovani del paese, regolarmente scalzi, cimentarsi in una corsa dalla curva di Cumideri sino al portone della chiesa: vinceva chi arrivava per primo a toccare lo stendardo, sa Pandela.
Il premio per il vincitore solitamente consisteva in una pecora, da cucinare e consumare in banchetto con gli amici. Credo che la festa de Sa Itria si sia svolta, per quello che riguarda gli aspetti agonistici, sino alla fine degli anni '40. Due delle ultime edizioni della gara podistica se le è aggiudicate mio padre Giovanni che, così, rinverdiva la tradizione di famiglia.
Era rimasta storica, infatti, una edizione in cui arrivò primo mio bisnonno (Giovanni anche lui) e al secondo e terzo posto due dei suoi figli. Mio padre mi raccontava che per la sua seconda vittoria Ziu Sarvadore Soro, fratello di mia nonna e apprezzato poeta, improvvisò un'ottava per celebrare l'evento. Io, purtroppo, ho memoria di una sola strofa dove, tra l'altro, la rima non è delle più felici: "Currende unu crapolu mi paria / pro vincher sa pandela 'e sa Itria".
La chiesa, edificata nel XVII secolo, da il nome ad uno dei rioni di Orani; faceva parte di un sistema di edifici religiosi disposti intorno al paese che costituivano il limite tra centro urbano e campagna.
Dal punto di vista architettonico la chiesa si ispira a motivi gotico-catalani e, nell'interno, la navata unica è caratterizzata da archi a sesto acuto in trachite.
Notevole interesse riveste la volta a crociera, affrescata con scene di angeli musicanti le cui immagini, qualche anno fa, sono state utilizzate per la copertina dell'elenco telefonico della provincia di Nuoro.
Interessante è anche la nicchia centrale dell'altare ove si conserva la statua lignea della Vergine d'Itria col Bambino in braccio che, per le vesti damascate, ricorda la statuaria religiosa catalana.
Ma la cosa che rende veramente originale e degna di nota la chiesa de Sa Itria di Orani è la facciata. Questa, infatti, presenta un graffito realizzato da Costantino Nivola nel 1958, che raffigura la battaglia di Lepanto avvenuta nel 1571.
Tale battaglia, che vide contrapposti cattolici e mussulmani, è ricordata come vittoria del cristianesimo sugli infedeli. Nivola nel suo graffito risolve la rappresentazione realizzando due figure antropomorfe che, per i simboli che recano impressi, simboleggiano la loro appartenenza religiosa.
L'intervento di Nivola, che ha mantenuto i due sedili in pietra a lato dell'ingresso, è completato dall'uso del colore: una striscia azzurra nella parte bassa del graffito per ricordare il mare della battaglia navale; azzurro nella parte alta per unire idealmente la battaglia terrena all'alto dei cieli che proteggeva la flotta cristiana.
L'opera di Nivola è talmente ben integrata con l'architettura de Sa Itria che resta difficile pensare alla facciata senza il graffito.
Il lavoro di Nivola nel 1958 destò molta curiosità ed interesse, tanto che le foto scattate da Carlo Bavagnoli durante la realizzazione mostrano l'artista al lavoro attorniato da una folla di bambini e adulti che assistono tra l'incuriosito e lo stupito.
D'altronde la stessa curiosità era stata abbondantemente espressa in quei giorni in quanto Nivola, con un intervento artistico senza precedenti, aveva esposto i suoi lavori, sculture, terrecotte e bronzi, per le vie del paese.
Una mostra all'aria aperta che, per la prima volta, faceva uscire le opere d'arte dal chiuso delle gallerie.
"Benide a biere sos tribaglios de Titinu Nivola oye crasa e pusticrasa in sas garrelas de sos vichinados de Gusei, de sa Itria e de su Rosariu"(Venite a vedere i lavori di Titinu Nivola oggi domani e dopodomani per le strade dei rioni di Gusei, di sa Itria e del Rosario), recitava l'invito del 1958. Oggi, dopo il restauro a cui è stata sottoposta la chiesa, possiamo continuare a dire: "venite a Orani a vedere sa Itria e la sua facciata" e, visto che ci siete, non mancate di andare a vedere gli altri splendidi lavori di Nivola presso il museo della Fondazione.
Angelo Mereu |